L’ATEROSCLEROSI E LA PREVENZIONE DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI E CEREBROVASCOLARI
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L’aterosclerosi si caratterizza per la presenza di placche dette ateromi nel lume delle arterie. Tutte le arterie di grosso e medio calibro, quindi anche le coronarie, le carotidi e le arterie cerebrali, oltre all’aorta e le sue diramazioni, possono essere interessate. Le placche ateromasiche sono composte da lipidi, cellule infiammatorie, cellule muscolari lisce e tessuto connettivo. I sintomi compaiono quando la la placca ostruisce o riduce il flusso ematico e variano a seconda dell’arteria interessata. La presenza di ateromi rappresenta la principale causa di morbilità e mortalità nei paesi industrializzati. Nel 2015 l’arteriosclerosi coronarica e celebrovascolare ha causato quasi 15 milioni di morti in tutto il mondo per infarto ed ictus.
L’aterosclerosi
La prima lesione visibile che si forma all’interno del vaso è la striscia grassa, che corrisponde ad un accumulo di cellule schiumose cariche di lipidi nella tonaca più interna dell’arteria. Successivamente, in assenza di qualsiasi tipo d’intervento, la striscia grassa evolve in ateroma. Tutti gli stadi dell’aterosclerosi sono legati ad una reazione infiammatoria mediata da specifiche citochine. Si ritiene che la lesione della parete del vaso svolga un ruolo fondamentale per la formazione e l’evoluzione della placca ateromasica.
L’aterosclerosi colpisce preferenzialmente alcune arterie. Un flusso ematico turbolento blocca la produzione, da parte delle cellule della parete vasale, di ossido nitrico. Questa molecola è vasodilatatrice e antinfiammatoria. Inoltre, tale flusso stimola le cellule endoteliali a sintetizzare molecole di adesione, che legano alla parete vasale le cellule infiammatorie. Altri i fattori di rischio per la comparsa di aterosclerosi, sono le dislipidemie, il diabete, il fumo di sigaretta, l’ipertensione, gli stressor ossidanti , l’ angiotensina II, le infezioni e le infiammazioni sistemiche che inibiscono la produzione di ossido nitrico e stimolano la produzione di molecole di adesione, di citochine proinfiammatorie, di proteine chemiotattiche e di fattori di vasocostrizione. L’effetto, che tutte queste molecole provocano è il legame di monociti e linfociti T all’endotelio e la loro migrazione verso lo spazio sottoendoteliale. In questo modo si avvia e si mantiene una risposta infiammatoria vascolare locale. Successivamente i monociti si trasformano in macrofagi, i lipidi circolanti, specie le lipoproteine a bassa densità (LDL) e quelle a densità molto bassa (VLDL), si legano alle cellule endoteliali e vengono ossidate. I macrofagi inglobano i lipidi ossidati trasformandosi in cellule schiumose, così si formano le lesioni aterosclerotiche precoci dette strie lipidiche. La degradazione delle membrane dei globuli rossi e la rottura dei piccoli vasi che irrorano le pareti delle arterie genera un’emorragia intraplacca, che può favorire la deposizione aggiuntiva di lipidi all’interno delle placche. I macrofagi elaborano citochine proinfiammatorie che reclutano le cellule muscolari lisce , attraggono i macrofagi e ne stimolano ulteriormente la crescita. Vari fattori promuovono la replicazione delle cellule muscolari lisce e aumentano la sintesi della matrice extracellulare densa. Si forma una placca fibrosa subendoteliale , formata da cellule muscolari lisce intimali circondate da tessuto connettivo e lipidi intra ed extracellulari. Successivamente, un processo simile alla formazione del tessuto osseo causa la calcificazione della placca. Un collegamento tra l’infezione e l’aterosclerosi è stato osservato, in particolari infezioni, ad esempio da Chlamydia pneumoniae e cytomegalovirus, probabilmente dovuto agli effetti indiretti dell’infiammazione cronica nel torrente ematico e a cross-reagenti che i microrganismi patogeni innescano sulla parete arteriosa
Meccanismo di formazione della placca: ipotesi patogenetica circa il ruolo potenziale svolto dai microrganismi.
(atherosclerosis acute vascular events statins fluvastatin, Rassegna)
Stabilità e rottura della placca
Gli ateromi possono regredire, rimanere stabili o si accrescersi nel tempo causando restrizione o occlusione dei vasi.
Le placche instabili, possono fissurarsi o rompersi causando una trombosi acuta, o un infarto . La resistenza alla rottura dipende dall’equilibrio tra deposizione e degradazione di collagene. La rottura della placca implica la secrezione di enzimi, da parte dei macrofagi, che digeriscono lo strato fibroso della placca causandone l’assottigliamento e la rottura. Le citochine, prodotte dai linfociti T presenti nell’ateroma, bloccano la sintesi e il deposito del collagene, che normalmente rinforza la placca. Con la rottura della placca, si verifica l’esposizione del contenuto al sangue circolante, con inizio del processo trombotico; inoltre, i macrofagi stimolano la trombosi in quanto contengono un fattore tissutale, che favorisce la sintesi della trombina in vivo.
Il trombo può:
- organizzarsi ed essere incorporato nella placca, modificandone la forma e causandone la rapida crescita
- occludere rapidamente il lume vascolare e scatenare un evento ischemico acuto
- embolizzare
La placca può riempirsi di sangue, rigonfiarsi e occludere l’arteria.
La stabilità delle placche dipende da molti fattori, tra cui il rapporto tra lipidi, cellule infiammatorie, cellule muscolari lisce e tessuto connettivo che costituiscono l’ateroma, la dimensione e la localizzazione e la morfologia della placca in relazione al flusso sanguigno. L’emorragia intraplacca può svolgere un ruolo importante nel trasformare una placca stabile in una placca instabile. In generale, le placche coronariche instabili sono ricche di macrofagi, possiedono uno spesso core lipidico e un cappuccio fibroso sottile; esse restringono il lume vascolare < 50% e tendono alla rottura in modo imprevedibile. Le placche instabili carotidee hanno un’analoga composizione, ma tipicamente le conseguenze a esse riferibili sono dovute alla stenosi grave e all’occlusione o alla deposizione di trombi piastrinici più che alla rottura. Le placche a basso rischio di solito hanno un cappuccio e un minore contenuto lipidico; spesso tali placche restringono il lume vascolare > 50% e possono provocare angina da sforzo stabile e prevedibile.
Le conseguenze cliniche della rottura di una placca nelle arterie coronarie dipendono non solo dalla sua anatomia, ma anche dall’equilibrio relativo, nel sangue, tra attività procoagulante e attività anticoagulante e dalla tendenza miocardica alle aritmie.
Fattori di rischio
La sindrome metabolica è uno dei principali fattori di rischio per l’arteriosclerosi. Questa sindrome comprende obesità addominale, dislipidemia, ipertensione, insulino-resistenza, stato protrombotico e stato proinfiammatorio e si manifesta prevalentemente in soggetti sedentari. Oltre a questa sindrome altri fattori di rischio sono da prendere in considerazione nell’arteriosclerosi.
La dislipidemia consiste in livelli elevati di colesterolo totale o di lipoproteine a bassa densità [LDL] o livelli ridotti di lipoproteine ad alta densità [HDL])
L’ipertensione arteriosa può causare infiammazione vascolare tramite meccanismi mediati dall’angiotensina II. Questa stimola le cellule endoteliali, le cellule muscolari lisce vascolari e i macrofagi a sintetizzare mediatori, come le citochine proinfiammatorie, gli anioni superossido, i fattori protrombotici, ed i fattori di crescita e i recettori LDL lectina-simili ossidati.
Il diabete porta alla formazione di prodotti finali della glicazione, che aumentano la sintesi di citochine proinfiammatorie da parte delle cellule endoteliali. Lo stress ossidativo e i radicali reattivi dell’ossigeno, prodotti nel diabete, danneggiano direttamente l’endotelio e promuovono l’aterogenesi.
Il fumo di tabacco contiene nicotina e altre sostanze chimiche che hanno un effetto tossico sull’endotelio vascolare. Il fumo, compreso quello passivo, aumenta la reattività piastrinica (probabilmente promuove la trombosi piastrinica) e i livelli plasmatici di fibrinogeno e dell’ematocrito (aumentata viscosità sanguigna). Il fumo aumenta le LDL e riduce le HDL; inoltre stimola la vasocostrizione, particolarmente pericolosa nelle arterie già stenotiche per l’aterosclerosi. Le HDL aumentano di circa 6-8 mg/dL (0,16 to 0,21 mmol/L) entro 1 mese dall’abolizione del fumo.
La lipoproteina (A) è pro-aterogenica ed è un fattore di rischio indipendente per le malattie cardiovascolari, inclusi l’infarto miocardico, l’ictus e la stenosi valvolare aortica . I livelli di questa lipoproteina sono geneticamente determinati Livelli superiori a 50 mg/dL sono considerati patologici.
L’apolipoproteina (B) è sintetizzata nel fegato, e nell’intestino. E’ in grado di legare il recettore LDL ed è responsabile del trasporto del colesterolo. È anche responsabile del trasporto di fosfolipidi ossidati e ha proprietà proinfiammatorie. La presenza della particella apoB all’interno della parete arteriosa è ritenuta essere l’evento iniziale per lo sviluppo delle lesioni aterosclerotiche.
Un livello elevato delle piccole e dense LDL, caratteristiche del diabete, ha un alto potere aterogeno. Il meccanismo può comprendere una maggiore tendenza all’ossidazione e al legame endoteliale aspecifico.
Livelli elevati di proteina C-reattiva non predicono in modo affidabile l’estensione dell’aterosclerosi, ma possono predire un’aumentata probabilità di eventi ischemici . La proteina C reattiva non sembra avere un ruolo diretto nell’aterogenesi.
Le infezioni da Clamidya pneumonie o altre infezioni virali, o da Helicobacter pylori possono causare una disfunzione endoteliale attraverso l’infezione diretta, l’esposizione all’endotossina o la stimolazione dell’infiammazione sistemica o subendoteliale.
La malattia renale cronica promuove lo sviluppo di aterosclerosi attraverso vari meccanismi, tra cui l’ipertensione e il peggioramento dell’ insulino-resistenza; diminuiti livelli di apolipoproteina A-I; ed aumentati i livelli di lipoproteina, omocisteina, fibrinogeno e proteina C-reattiva.
Il trapianto cardiaco è spesso seguito da un’accelerata aterosclerosi coronarica, probabilmente per un danno endoteliale immuno-mediato.
Gli stati protrombotici aumentano la probabilità di aterotrombosi.
Diverse varianti genetiche comuni e rare sono state strettamente correlate con l’aterosclerosi ed eventi cardiovascolari.
Un aumento dell’omocisteina si correla ad un aumentato rischio di aterosclerosi.
Prevenzione
Le malattie ischemiche del cuore, come l’infarto acuto del miocardio e l’angina pectoris, e le malattie cerebrovascolari, come l’ictus ischemico ed emorragico sono in gran parte prevenibili, in quanto riconoscono, accanto a fattori di rischio non modificabili come età, sesso e familiarità, anche fattori modificabili, legati a comportamenti e stili di vita.
I fattori di rischio modificabili sono:
- l’ipertensione: costringe il cuore ad un lavoro eccessivo, inoltre, a causa delle sollecitazioni idrauliche che danneggiano la parete delle arterie, le esponene al pericolo di aterosclerosi
- il fumo di sigaretta: il monossido di carbonio (CO) e la nicotina sono loro responsabili di una serie di effetti negativi sui vasi arteriosi e venosi. Contribuiscono all’irrigidimento ed al restringimento delle pareti vasali, all’aumento della pressione sanguigna, l’accelerazione della formazione delle placche aterosclerotiche, oltre che alla minore ossigenazione dei tessuti. Quest’ultimo aspetto è legato alla competizione del CO con l’ossigeno nel legame con l’emoglobina.
- il diabete: quando la concentrazione di glucosio nel sangue è in eccesso, e non si riesce a controllarla, il glucosio tende a depositarsi in tutti i tessuti causando danni multisistemici renali, oculari , cerebrali e cardiovascolari, sia a carico della micro-circolazione che della macro-circolazione;
- la dislipidemia: l’aumento del colesterolo ematico e lo squilibrio tra le frazioni ad alta e a bassa densità favoriscono la comparsa di ateromi
- l’eccesso di peso: sia l’incremento ponderale che l’adiposità viscerale sono fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e per il diabete di tipo 2 . I risultati degli studi scientifici evidenziano come la presenza di grasso addominale rappresenti un rischio anche se il peso della persona è compreso nei limiti della norma per età e statura.
Il rischio cardiovascolare è reversibile, recuperare uno stile di vita sano permette di ridurre sia il numero che la gravità di eventi patologici. Dalla metà degli anni ’70 in poi il numero di morti per le malattie cardiovascolari è diminuito grazie anche all’adozione di comportamenti alimentari che hanno portato ad un maggiore controllo dell’ipertensione e del quadro lipidico. Per controllare i fattori di rischio modificabili occorre:
rinunciare al fumo da sigaretta: i fumatori sono soggetti ad un rischio doppio di ictus e cinque volte superiore rispetto alla popolazione normale di avere problemi cardiaci.
adottare sane abitudini alimentari: scelte alimentari corrette favoriscono il mantenimento del peso. Numerosi studi dimostrano che l’incidenza dell’ipertensione è doppia nelle persone sovrappeso rispetto alla popolazione normopeso. Anche il consumo di alcol è associato all’aumento della pressione arteriosa, indipendentemente dall’età e da altri fattori di rischio più o meno presenti. L’assunzione di bevande alcoliche fuori pasto, anche se in quantità minime, produce effetti di incremento della pressione arteriosa. Occorre seguire una dieta bilanciata che riduca il consumo di carne rossa e insaccati e privilegi il pesce. Frutta e verdura dovrebbero essere consumati in ragione di almeno 5 porzioni al giorno. In particolare, i vegetali ricchi di potassio, come le banane, sembrano proteggere efficacemente la salute di cuore e arterie. E’ importante limitare l’apporto di sale da cucina e di cibi ricchi di grassi di origine animale. Per i carboidrati si raccomanda di consumare quelli complessi e di limitare l’assunzione di carboidrati semplici. I carboidrati complessi, sono contenuti in cereali, pasta, riso, legumi secchi, patate e fibre. I carboidrati semplici, come il glucosio, saccarosio ed il fruttosio, si trovano nei dolci, nelle merendine e negli snack. https://www.medicinaxtutti.it/2020/04/25/alimentazione-e-buona-salute-un-binomio-indissolubile/
svolgere attività fisica: l’esercizio fisico favorisce una buona circolazione sanguigna e tiene in allenamento il cuore. A questo scopo è sufficiente camminare 30 minuti al giorno a passo spedito. Il movimento irrobustisce la parete delle arterie, riduce i livelli di colesterolo LDL, la pressione arteriosa e lo stress ossidativo .
La prevenzione e la diagnosi precoce sono gli obiettivi che occorre perseguire. La malattia cardiovascolare può non dare alcun segno di sé, per evitare la comparsa di accidenti cardio e cerebrovascolari che possono risultare fatali, o abbassare la qualità e l’aspettativa di vita, è indispensabile adottare una corretto stile di vita, monitorare la pressione arteriosa, la glicemia ed il quadro lipidico. In caso di necessità il ricorso ad una terapia farmacologica rientra tra gli interventi di natura preventiva per scongiurare il verificarsi di una patologia su base arteriosclerotica.
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