Il termine “personalità” deriva dal latino “persona” che significa maschera. Nell’antichità, gli attori si servivano delle maschere per far comprendere agli spettatori i comportamenti e gli atteggiamenti che intendevano rappresentare sul palco. La personalità è l’insieme delle caratteristiche psicologiche e delle norme di comportamento che definiscono la condotta e la modalità di risposta all’ambiente di ogni singolo individuo, è costituita da particolari caratteristiche denominate “tratti” che, dopo la crescita (cioè intorno ai 18 anni), sono stabili sia nel tempo sia nelle diverse situazioni socio-ambientali.
Quando la configurazione dei vari tratti determina modalità di agire, percepire, rapportarsi e pensare eccessivamente rigide e disadattive che interferiscono con il funzionamento relazionale e lavorativo o con il senso di benessere della persona e di coloro che vivono e lavorano con lei, allora è possibile parlare di un disturbo di personalità. I tratti di personalità sono normalmente distribuiti nella popolazione, i disturbi di personalità rappresentano una distorsione o esagerazione dei normali tratti di base, vi è quindi un’alterazione quantitativa e non qualitativa. Questi disturbi solitamente iniziano a divenire evidenti durante la tarda adolescenza o all’inizio dell’età adulta, le caratteristiche ed i sintomi variano notevolmente.
Classificazione dei disturbi di personalità
Il DSM 5 (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Psichiatrici) raggruppa 10 tipi di disturbi di personalità in tre cluster, sulla base di caratteristiche simili.
Il cluster A è caratterizzato dall’apparire strano o eccentrico, sono presenti comportamenti inusuali e tendenza all’isolamento. Comprende i seguenti disturbi:
- paranoide
- schizoide
- schizotipo
il cluster B è caratterizzato da comportamenti drammatici o emotivi, vi è mancanza di empatia e tendenza all’impulsività. Comprende i seguenti disturbi:
- antisociale
- bordeline
- istrionico
- narcisistico
Il cluster C è caratterizzato da comportamenti ansiosi o paurosi e comprende i seguenti disturbi:
- evitante
- dipendente
- ossessivo-compulsivo
Circa il 10% della popolazione generale e fino alla metà dei pazienti psichiatrici ha un disturbo di personalità. Nel complesso, non ci sono distinzioni chiare in termini di sesso, classe socio-economica e razza. Tuttavia, nel disturbo antisociale di personalità, il rapporto uomini/donne affetti è di 6:1. Nel disturbo borderline, il rapporto femmine/maschi affetti è di 3:1 (ma solo in ambito clinico, non nella popolazione generale).
Per la maggior parte dei disturbi di personalità, i livelli di ereditabilità sono circa il 50%, percentuale simile o superiore a quella di molti altri disturbi psichiatrici.
Le cause
Cosa provochi l’insorgere di un disturbo di personalità è ancora oggetto di dibattito per i professionisti della salute mentale. Alcune teorie ritengono che la causa sia da ricercare nell’infanzia, altre che sia una patologia a carattere genetico, la verità probabilmente è nel mezzo, ossia entrambe i fattori sono rilevanti. L’essere umano nasce con una serie di predisposizioni che l’ambiente rende realtà oppure no. Un bambino può nascere con i migliori talenti ma se l’ambiente che lo accoglie, in primis i suoi genitori, non è all’altezza di fornirgli le cure fisiche o psicologiche di cui ha bisogno, svilupperà dei disturbi fisici o psicologici. Viceversa se un bambino viene al modo con un patrimonio genetico sfavorevole e l’ambiente lo accoglie offrendogli tutte le cure e le attenzioni possibili, l’influenza genetica negativa sarà enormemente stemperata e la persona imparerà ad utilizzare le sue risorse al meglio.
La personalità ha una base genetica denominata temperamento ed è modellata dall’ambiente. Tra i fattori ambientali che hanno particolare rilevanza sullo sviluppo della personalità, sia in senso normale che patologico, troviamo la relazione con i genitori, lo stile affettivo, il tipo di attaccamento, le esperienze infantili, quelle adolescenziali e più in generale le esperienze di vita.
I sintomi
Chi soffre di un disturbo di personalità ha una visione di sè e dell’altro distorta, poco aderente alla realtà e disfunzionale. Ha abitudini, comportamenti e vissuti interiori che si discostano molto da quelli delle altre persone. Inoltre, non si rende conto dell’origine “psicologica” del proprio malessere né considera la possibilità di un percorso per avviare un cambiamento essendo convinto che l’alto livello d’insoddisfazione e sofferenza siano oggettivamente causati dagli atteggiamenti degli altri. Le caratteristiche sintomatologiche sono peculiari di ciascuno dei disturbi di personalità.
Il disturbo paranoide si caratterizza per una profonda e immotivata diffidenza verso gli altri, anche familiari e amici, le cui parole e azioni vengono “interpretate” come minacciose o umilianti. Le relazioni con gli altri sono fredde e distaccate e vi è un’eccessiva sensibilità al giudizio altrui. La frequenza è stimata tra il 2 e il 4,5%.
Le persone con disturbo schizoide vivono chiuse nei propri pensieri, non aderiscono alle regole sociali e preferiscono svolgere lavori solitari e non competitivi. Spesso appaiono insensibili e indifferenti alle circostanze di vita. Vivono un’affettività piatta mostrandosi introversi, freddi e distanti. La prevalenza è stimata tra il 3 ed il 5%.
Il disturbo schizotipico si caratterizza per un comportamento stravagante e bizzarro che è evidente nel modo di parlare, vestirsi o confrontarsi con gli altri. Anche il modo di pensare è inusuale, è presente il “pensiero magico”. Nei rapporti con gli altri, chi soffre di questo disturbo è sospettoso e mostra difficoltà a stabilire relazioni intime. La prevalenza è tra 0 e 2%.
Caratteristici del disturbo borderline sono i frequenti e bruschi cambiamenti del tono dell’umore e dell’immagine di sè accompagnati da una forte reattività con comportamenti impulsivi, esplosioni di rabbia e aggressività sia verso gli altri sia verso se stessi. Chi soffre di questo disturbo ha relazioni amicali e affettive molto intense ma instabili, in caso di percezione di una minaccia di abbandono le manifestazioni del disturbo si amplificano. La prevalenza è dell’1,6%.
I segni principali del disturbo antisociale sono l’incapacità di rispettare le norme che regolano l’agire sociale, la totale inosservanza dei diritti degli altri, la mancanza di rimorso per le conseguenze dei propri comportamenti e l’incapacità di imparare dai propri errori. Le relazioni affettive sono instabili così come le amicizie e le attività lavorative. La prevalenza è stimata tra lo 0,2 e il 3,3%.
Chi soffre di disturbo istrionico manifesta un’eccessiva emotività ed è continuamente alla ricerca di attenzione e, per averla, assume atteggiamenti teatrali e provocatori. Se non ottiene attenzione può manifestare rabbia, aggressività e tentativi autolesivi spesso dimostrativi. Le relazioni con gli altri sono di tipo egocentrico e manipolativo. La prevalenza è del 2%.
Aspetti peculiari del disturbo narcisistico sono l’ideazione grandiosa, le fantasie di successi straordinari e di potere e il bisogno di ammirazione. Il narcisista è invidioso, arrogante e presuntuoso ma la sua autostima è fragile tanto che basta una difficoltà perché compaiano i sintomi depressivi. La prevalenza è inferiore all’1%.
Chi soffre di disturbo evitante ha una radicata convinzione di valere poco, prova un forte sentimento d’inadeguatezza ed è ipersensibile alle critiche. Nei rapporti con gli altri è timido, insicuro, evita di essere al centro dell’attenzione per paura di essere criticato. La prevalenza è intorno al 2%.
La persona con disturbo dipendente ha scarsa fiducia in se stessa, avverte un’intensa necessità di essere accudita, si sente vulnerabile e incapace di prendere una decisione in autonomia, necessita continuamente di rassicurazioni. Nel rapporto con gli altri, per paura di essere abbandonata, è passiva. Il disturbo ha una prevalenza inferiore all’1%.
Caratteristiche del disturbo ossesivo-compulsivo sono un’estrema attenzione ai dettagli, all’ordine e alle regole; la ricerca di una perfezione che non si riesce mai a soddisfare; l’intolleranza all’incertezza. Chi ne soffre è spesso sopraffatto da dubbi che conducono alla passività e all’immobilismo. La vita di relazione è negativamente condizionata dall’intransigenza, dalla rigidità, dal bisogno di controllo. La prevalenza è tra il 2 ed il 7%.
Spesso i quadri sintomatologici appaiono complicati, questo accade perché il 67% dei soggetti con un disturbo mentale maggiore presenta anche un disturbo di personalità. La malattia mentale più frequentemente associata al cluster A è la psicosi, specialmente la schizofrenia; l’associazione viene considerata del tipo “spettro”, essendo la psicosi l’estremo dell’anormalità della personalità.
L’associazione più forte tra cluster B e altri disturbi psichiatrici è quella con l’abuso/dipendenza di alcool e droghe. Il disturbo borderline si associa frequentemente a disturbi ansioso-depressivi, ad abuso di sostanze e a disturbi alimentari.
Conclusioni
I disturbi di personalità differiscono dagli altri disturbi clinici poiché sono generalmente egosintonici (la persona difficilmente si rende conto di essere affetta da un disturbo e frequentemente considera i sintomi come tratti peculiari del proprio stile di vita) e alloplastici (chi è malato tende a cambiare l’ambiente, non se stesso). Questa caratteristica fa sì che la richiesta di aiuto per le cure si realizzi solo quando il disturbo raggiunge una gravità tale da interferire pesantemente con la vita sociale e lavorativa, generalmente sono i familiari a cercare aiuto.
Chi soffre di un disturbo di personalità, dunque, non ritiene di essere ammalato e non chiede aiuto, tuttavia vive quotidianamente una serie di difficoltà dovute alla rigidità ed alle modalità disadattate tipiche di queste patologie. I problemi quotidiani continui possono generare la comparsa di stati ansiosi, depressivi o l’abuso di sostanze, sono questi sintomi che spingono i soggetti sofferenti a ricorrere alle cure dello specialista.
L’intervento terapeutico deve necessariamente tenere conto dei fattori derivanti dal complicato interscambio tra paziente e ambiente. Il primo obiettivo è quello di curare l’ansia, la depressione e gli altri sintomi emotivi. Gli antidepressivi inibitori della ricaptazione della serotonina possono ridurre sia la depressione che l’impulsività. I farmaci anticonvulsionanti contribuiscono a stabilizzare il tono dell’umore e a ridurre gli accessi d’ira. Tuttavia, la terapia farmacologica non interviene sulle caratteristiche di personalità, per questo si ritiene fondamentale associarvi una psicoterapia preferibilmente ad orientamento cognitivo-comportamentale.
La partecipazione della famiglia al trattamento è spesso utile, quando non essenziale, perché i familiari, senza volerlo, possono comportarsi in modo tale da rinforzare i pensieri e i comportamenti problematici del paziente.
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