DIPENDENZA AFFETTIVA: NON POSSO VIVERE CON TE MA NEANCHE SENZA DI TE
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LA DIPENDENZA AFFETTIVA a cura del dott. S. Scatena
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Amoredipendente è un termine coniato nel 1945 dallo psicanalista Fenichel per indicare tutti coloro che hanno bisogno dell’amore come della droga. La locuzione “Dipendenza affettiva” (DA) compare negli anni ’70, dopo la pubblicazione del libro della psicologa americana Robin Norwood “Donne che amano troppo”. La DA ha origini multifattoriali, sono implicati fattori neurobiologici, comportamentali, psicologici, sociali e culturali. La dipendenza affettiva non rientra tra i disturbi mentali diagnosticati nel DSM-5, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (American Psychiatric Association, 2013), essa viene classificata tra le “New Addiction”, nuove dipendenze di tipo comportamentale.
Chi è il dipendente affettivo?
I dati epidemiologici indicano che il 99% dei soggetti dipendenti affettivi sono di sesso femminile (D. Miller,1994), la fascia di età è ampia, va dalle post-adolescenti di età compresa tra i 20 e i 27 anni fino alle donne adulte tra i 45 e i 50 anni. Generalmente queste donne sono fragili ed hanno vissuti di inadeguatezza personale. Si ipotizza che spesso, nella DA, intervenga un elemento culturale, uno stereotipo di genere che favorisce una maggior incidenza di questa patologia nel sesso femminile. Le donne la considererebbero più accettabile, a differenza degli uomini educati a mostrarsi più forti e meno dipendenti. Una seconda ipotesi, per spiegare la differente incidenza tra i due sessi, è l’esistenza di un diverso modo di reagire ai traumi infantili e giovanili negli uomini e nelle donne. Tra gli uomini sarebbe più comune la tendenza a far fronte al dolore attraverso il meccanismo dell’ “identificazione con l’aggressore”, che comporta l’assunzione del ruolo precedentemente subito. Nelle donne, invece, si manifesterebbe la maggior tendenza a rivivere le violenze subite, nel tentativo illusorio di controllarle e riscattarsi dal passato.
Il soggetto dipendente non ha una buona autonomia, ha una bassa autistima ed è incapace di una sana evoluzione della relazione affettiva. Ha continuo bisogno di conferme e gratificazioni ma vive continue delusioni. Teme la separazione, la solitudine, la distanza e mostra all’esame clinico sensi di colpa e di rabbia. Alcuni studi hanno messo in correlazione la DA con il disturbo post-traumatico da stress. Molte donne dipendenti affettive hanno subito abusi sessuali, maltrattamenti fisici ed emotivi e ciò ha compromesso severamente la capacità di affermazione di sé, favorendo al contrario lo sviluppo di rapporti di sottomissione e di passività.
Secondo i Dipendenti affettivi anonimi (Love Addicted Anonymous) esistono vari profili tipici nella dipendenza affettiva:
- il dipendente affettivo ossessivo non riesce a distaccarsi dalla propria relazione, anche se il partner non è emotivamente o sessualmente disponibile, incapace di comunicare, distante, svalutante, abusante, egocentrico, egoista, controllante, a sua volta dipendente da qualcos’altro (alcool, droghe, gioco d’azzardo, etc.)
- il dipendente affettivo codipendente nella maggior parte dei casi, soffre di mancanza di autostima e cerca, con ogni mezzo, di trattenere con sé la persona da cui dipende, ad esempio prendendosene cura, controllandola con strategie passivo-aggressive, o accettandone gli abusi. In genere, il dipendente affettivo codipendente farebbe qualsiasi cosa per “prendersi cura” del proprio partner, nella speranza che, un giorno, venga ricambiato.
- il dipendente dalla relazione al contrario delle altre tipologie, non è più innamorato del partner, ma non riesce comunque a lasciarlo. Di solito, sono estremamente infelici e spaventati dal cambiamento e dalla possibilità di rimanere da soli.
- il dipendente affettivo narcisista usa la seduzione e la dominazione per controllare il proprio partner. Al contrario del codipendente, che accetta la sofferenza, il narcisista non lascia che qualcosa interferisca col proprio benessere e non appare in alcun modo preoccupato della relazione. Quando, però, si trova di fronte alla minaccia di un abbandono, cerca con ogni mezzo di mantenere la relazione, fino ad arrivare alla violenza.
- il dipendente affettivo ambivalente soffre di un disturbo di personalità evitante, che causa una ricerca estenuante dell’amore, ma allo stesso tempo il terrore dell’intimità. Questa combinazione può portare, in alcuni casi, a ricercare l’amore di persone non disponibili mentre, in altri, a interrompere le relazioni non appena queste iniziano a diventare più intime e serie.
- il seduttore rifiutante ricerca un partner per ottenere affetto, compagnia o sesso per poi, quando si sente insicuro, rifiutarlo, in un ciclo continuo di disponibilità e indisponibilità.
- il dipendente romantico ha partner multipli. Al contrario, però, dei dipendenti sessuali, che cercano di evitare i legami, i dipendenti romantici instaurano legami con tutti i loro partner, in gradi diversi, anche se le relazioni sono di breve durata o si sviluppano contemporaneamente.
I sintomi
Nella dipendenza affettiva ciò che viene sperimentato come amore diventa una droga, secondo Giddens la dipendenza presenta alcune specifiche caratteristiche:
- l’ebbrezza: il soggetto affettivamente dipendente prova una sensazione di ebbrezza dalla relazione con il partner, che gli è indispensabile per stare bene;
- la dose: il soggetto affettivamente cerca “dosi” sempre maggiori di presenza e di tempo da spendere insieme al partner. La sua mancanza lo getta in uno stato di prostrazione. Il soggetto esiste solo quando c’è l’altro e non basta il suo pensiero a rassicurarlo, ha bisogno di manifestazioni continue e tangibili. L’aumento di questa “dose” non di rado esclude la coppia dal resto del mondo. Se la dipendenza è reciproca la coppia si alimenta di se stessa. L’altro è visto come un’ evasione, come l’unica forma di gratificazione della vita. Le normali attività quotidiane sono trascurate, l’unica cosa importante è il tempo trascorso con l’altro perché attesta l’esistenza del soggetto. Questo modello di pensiero rivela un basso grado di autostima;
- la perdita dell’Io: nella dipendenza affettiva esiste un alto rischio di perdita del Sé, della propria capacità critica e quindi, a maggior ragione, della critica dell’altro, vissuto come irrinunciabile . Il senso di perdita di identità è seguito da sentimenti di vergogna e di rimorso. In alcuni momenti si percepisce che la dipendenza è nociva e che se ne vorrebbe fare a meno, ma la constatazione di essere intrappolati in un modello dipendente fa sentire indegni e quindi spinge ancora di più verso l’abbraccio dell’altro che accoglie e perdona, ben felice, talvolta, di possedere. La dipendenza è percepita come un’esperienza speciale.
(Dr.ssa Vitalba Genna, medicina360.com)
Nella DA, a differenza delle dipendenze da sostanze, si può instaurare una paura ossessiva di perdere la persona amata, espressa con gelosia e possessività. La paura dell’abbandono provoca un costante stato di tensione, con comparsa di sintomi ansioso-depressivi e la presenza dell’altro è è vissuta come una questione di vita o di morte. Per questo i propri bisogni e desideri vengono annullati e s’instaura una relazione patologica di tipo simbiotico.
Nella vita quotidiana, tutto questo si trasforma in sintomi che si manifestano attraverso una serie di comportamenti e di atteggiamenti che caratterizzano il dipendente affettivo:
- le emozioni del partner hanno più importanza rispetto alle proprie
- la stima di sé dipende dall’approvazione dell’altro
- prendere una posizione o una decisione diventa difficoltoso e causa forti sensi di colpa
- la paura di essere abbandonati è talmente intensa che la maggior parte dei comportamenti hanno la funzione di evitare la solitudine e il rifiuto
- riconoscere ed esprimere i propri pensieri ed emozioni è difficile o spaventoso
- la maggior parte del proprio tempo viene impiegato per controllare il partner
- le conseguenze negative che la relazione produce in tutti gli altri ambiti vengono ignorate
Le cause
La dipendenza affettiva ha, come tutte le di dipendenze, un’eziologia multifattoriale in cui vengono considerati aspetti neurobiologici e psicologici. Similmente a quanto accade con le dipendenze da sostanza, anche nella DA sono coinvolti i neurotrasmettitori del “CIRCUITO DEL PIACERE”. Con questo termine ci si riferisce ai network celebrali che sono responsabili del senso di piacere e gratificazione che si prova quando si riceve un “premio”. La dopamina è il principale neurotramettitore associato ALL’ECCITAZIONE, cioè al piacere che si prova quando si immagina qualcosa che si desidera. Inoltre Nella DA hanno luogo cambiamenti chimici all’interno del cervello sono legati ai livelli di un altro neurotrasmettitore, la feniletilamina (PEA), che è coinvolta nelle sensazioni di euforia che si sperimentano quando ci si innamora. La GRATIFICAZIONE, intesa come sensazione di rilassamento e profondo benessere legata all’ottenere una certa esperienza è determinata dal rilascio di endorfine che contribuiscono anche a consolidare le connessioni neuronali che si sono create durante l’esperienza che ha indotto il piacere. Infine l’acetilcolina è il neuromediatore maggiormente implicato nella memoria dell’esperienza piacevole. Da un punto di vista neuroanatomico le principali strutture implicate nel circuito neuronale del piacere sono: la corteccia pre frontale, l’amigdala, il nucleo accubens, l’ippocampo ed il talamo.
Secondo una prospettiva psicodinamica, la dipendenza affettiva trova origine nell’esperienze infantili che riguardano principalmente le relazioni con le figure genitoriali. Spesso le persone dipendenti da bambini hanno ricevuto il messaggio di non essere degni di essere amati o che i loro bisogni non fossero importanti. Attraverso l’identificazione con il partner, una volta cresciuti, cercano di salvare se stessi e colmare le proprie carenze affettive.
Facendo riferimento al modello strutturale sistemico la famiglia è un sistema che influenza tutti i suoi membri. Le modalità con cui i membri della famiglia si comportano l’uno con l’altro possono essere efficaci o inefficaci nel raggiungere gli scopi della famiglia e/o dei suoi singoli membri. Se la dipendenza affettiva trova le sue origine in bisogni infantili inappagati, i bambini i cui bisogni d’amore rimangono non riconosciuti possono adattarsi imparando a limitare le loro aspettative e possono sviluppare pensieri del tipo: “I miei bisogni non contano” o “non sono degno di essere amato”.
I trattamenti
Secondo vari studi risultano essere utili come strategie d’intervento:
- la psicoterapia individuale, ad indirizzo cognitivo comportamentale o psicodinamico. Questo trattamento aiuta il paziente a riconoscere il ruolo dipendente che ha assunto e a costruire uno spazio di crescita personale scoprendo i propri tratti individuali anziché identificarsi con quelli dell’altro. Tutto questo sta a voler dire che il dipendente affettivo deve iniziare a considerare il proprio benessere psicologico come una priorità. Per il terapeuta è utile osservare e valutare le dinamiche relazionali che si instaurano tra lui ed il paziente, visto che quest’ultimo tende a rimettere in atto la dipendenza anche nei confronti dello psicoterapeuta.
- i gruppi di autoaiuto: le persone che vivono lo stesso problema, tramite il confronto, diventano degli importanti specchi reciproci che favoriscono la presa di consapevolezza della problematica che causa loro disagio, tramite l’osservazione delle somiglianze nelle loro vite. Tutto ciò può portare a trovare le motivazioni per uscire da queste relazioni tossiche, prendendo un impegno condiviso. Inoltre, questo di tipo di interazione può agevolare il superamento dei sentimenti di vergogna e di colpa che accompagnano le persone dipendenti.
- la terapia farmacologica di solito è indicata nel caso sia presente una sintomatologia depressiva e ansiosa. Spesso, infatti, la dipendenza affettiva porta a sviluppare ansia generalizzata, depressione, insonnia, inappetenza, malinconia, idee ossessive. In questi casi vengono utilizzati farmaci antidepressivi ed ansiolitici.
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