IPERTENSIONE E STRESS: TUTTO QUELLO CHE C’E’ DA SAPERE
Per la Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa sono circa 15 milioni gli italiani che soffrono di ipertensione, ma circa la metà non hanno ricevuto una diagnosi. In media sono 33% uomini e 31% donne, di cui rispettivamente il 19% e il 14% in condizione di rischio. Ovvero con valori pressori ben oltre la norma, l’ipertensione arteriosa predispone all’infarto ed all’ictus. Sono vari i fattori che contribuiscono alla comparsa dell’ipertensione essenziale , tra questi c’è lo stress. Attualmente, per comprendere se i picchi ipertensivi sono legati allo stress e all’affaticamento psico-fisico, è possibile fare un semplice test per dosare il cortisolo che è uno dei principali ormoni dello stress. E’ sufficiente prelevare un po’ di di saliva con un tampone la sera, e portarlo il giorno successivo in laboratorio. Il range per i valori normali è tra 0,3 e 3,3 ng/ml.
CAUSE
Solo nel 5% dei casi si può accertare la causa precisa dell’ipertensione. Questa può essere generata da patologie renali, squilibri ormonali, malattie congenite o uso di sostanze ad azione ipertensiva come ad esempio spray nasali, liquirizia o droghe. Nel 95% dei casi non è possibile trovare una causa specifica, si parla di ipertensione essenziale o primaria. Esistono, in questo caso, delle condizioni o dei fattori di rischio che predispongono allo sviluppo di questa patologia. I principali sono:
la familiarità: la presenza, in famiglia, di soggetti ipertesi aumenta la probabilità che un individuo sviluppi ipertensione arteriosa.
l’età: la pressione arteriosa aumenta con l’avanzare dell’età, perchè le pareti dei vasi arteriosi perdono di elasticità cosa che fa aumentare le resistenze periferiche.
il sovrappeso: sovrappeso e obesità, attraverso meccanismi diversi e complessi, si associano ad un incremento dei valori pressori.https://www.lswn.it/salute/obesit-e-ipertensione-quale-legame/
il diabete: questa condizione, molto diffusa nella popolazione adulta, si associa frequentemente ad un un aumento della pressione arteriosa, provocando un aumento del rischio per le malattie cardiovascolari.
il fumo: il fumo di sigaretta altera acutamente i valori della pressione arteriosa. Dopo aver fumato, la pressione resta più alta per circa mezz’ora. Inoltre provoca danni cronici sui vasi arteriosi predisponendo alla formazione di placche aterosclerotiche.
il disequilibrio di sodio e potassio: una dieta troppo ricca di sodio o troppo povera di potassio, può contribuire a determinare l’ipertensione arteriosa.
l’ alcool: un consumo eccessivo di alcoolici può generare l’innalzamento dei valori pressori, oltre a danneggiare vari organi tra cui fegato e cuore
la sedentarietà: non si può affermare che la sedentarietà faccia aumentare la pressione arteriosa. Tuttavia, l’attività fisica moderata e costante contribuisce a ridurre i valori pressori e a migliorare le prestazioni fisiche.
lo stress: la risposta fisiologica ad una situazione o ad un evento stressante è l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Quando il cervello registra un evento come potenzialmente pericoloso per l’organismo, tramite l’ipotalamo, invia un segnale all’ipofisi. Questa inizia a produrre dei fattori in grado di stimolare la ghiandola surrenale che immette in circolo i così detti ormoni dello stress, l’adrenalina i gli ormoni corticosteroidei, tra cui il cortisolo. Inoltre si ha un’iperàttivàzione del Sistema Nervoso Simpatico ed una riduzione del funzionamento del Sistema Nervoso Parasimpatico. Queste modificazioni determinano un aumento del ritmo respiratorio, un aumento della glicemia, un aumento del ritmo cardiaco e della pressione sanguigna. Nel caso di uno stress non protratto nel tempo, le reazioni fisiologiche sono utili all’individuo per attivarsi ed affrontare la situazione. I parametri metabolici, respiratori e cardiaci rientreranno nella norma quando cesserà la reazione d’allarme. Ma se la situazione stressante si protrae, generando uno stress cronico, i meccanismi neurofisiologici dello stress produrranno alterazioni stabili nei vari organi ed apparati e porteranno, tra i vari effetti, alla comparsa d’ipertensione arteriosa.
Diversi studi hanno dimostrato che, negli individui normotesi, quanto più ampio è l’aumento della pressione arteriosa in risposta a varie tipologie di stressor, tanto maggiore è la probabilità che tali individui sviluppino ipertensione essenziale . Matthews e colleghi (2004) hanno condotto uno studio su più di 4000 persone normotese di età media di 27 anni alle quali veniva misurata la pressione sanguigna durante la presentazione di diversi stress psicologici e fisici; è risultato che le persone che di fronte agli stressor mostravano aumenti di pressione più grandi, a distanza di 4-13 anni hanno sviluppato una ipertensione essenziale. Questi studi su larga scala dimostrano che tra l’iper-reattività degli individui agli stressor e lo sviluppo di ipertensione vi è una forte correlazione.
DIAGNOSI
La diagnosi di ipertensione si basa sulla misurazione della pressione arteriosa. Questa viene espressa attraverso due valori, pressione sistolica (massima) e pressione diastolica (minima). La prima corrisponde al valore pressorio che si registra durante la contrazione del muscolo cardiaco, mentre la seconda corrisponde alla fase di rilassamento del muscolo. La pressione può subire delle variazioni in base al sesso, all’età, al peso corporeo, all’etnia della persona e inoltre dipende dall’ora del giorno in cui viene misurata, dallo stato psicofisico e di salute generale. Negli adulti una pressione contenuta fra 115-130 mmHg nei valori massimi e fra 75-85 mmHg nei valori minimi è considerata normale. Valori che superano queste soglie, senza raggiungere i 140/90 mmHg sono ritenuti ancora nella norma ma richiedono attenzione e periodiche misurazioni (valori normali-alti secondo le attuali linee guida). Si ha ipertensione quando la pressione massima è superiore ai 140 mmHg e la minima ai 90 mmHg. La pressione arteriosa diventa poi a rischio laddove i parametri si elevano ulteriormente. Nella maggior parte dei casi l’ipertensione è asintomatica. Molti pazienti convivono a lungo con questa patologia ignorando di esserne affetti. Solo di rado l’ipertensione si manifesta con palpitazioni, vertigini, cefalea, nervosismo, stanchezza, ronzii, fosfeni (lampi di luce) e altri disturbi visivi. Una volta giunti alla diagnosi, è utile effettuare alcuni esami che permettono di inquadrare l’ipertensione dal punto di vista causale ed aiutano nella definizione del profilo di rischio cardiovascolare dei pazienti oltre che nella scelta della terapia più adatta.
TERAPIA
L’ipertensione arteriosa, se è di lieve entità, non necessita obbligatoriamente di una terapia farmacologica ma richiede dei cambiamenti nello stile di vita. Occorre adottare una dieta sana ed equilibrata, ridurre il consumo di sale , caffè ed alcolici. Occorre rinunciare al fumo e praticare regolarmente attività fisica aerobica. Quando necessario , alla correzione delle abitudini di vita, deve essere associata ad una terapia farmacologica. Questa, può prevedere il ricorso a diuretici, beta-bloccanti, ACE-inibitori, calcio-antagonisti, antagonisti del recettore dell’angiotensina II che possono essere utilizzati da soli o in combinazione, modulando le modalità di trattamento da caso a caso. Per contenere stress ed ansia, se non è possibile eliminare i fattori scatenanti, è bene concedersi delle pause di relax e qualche esercizio di respirazione, ricorrendo anche allo yoga, alla meditazione o a dei massaggi che possono allentare tensioni neuromuscolari. Nei casi di livelli di ansia e stress molto elevati è consigliato l’uso di ansiolitici.
(Ipertensione arteriosa essenziale, Dott. N. Giannandrea)
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